Troppo bello essere qui

Un racconto per riflettere sulla nascita

Questo breve ma coinvolgente racconto ha l’obiettivo di far sorridere e riflettere in maniera leggera su un momento delicato e unico: la nascita, il venire al mondo.

A parlare è proprio un “bambino prenatale”, una simpatica e sensibile creatura che con parole semplici riesce a far vivere le emozioni di un evento che porta in sé mistero, magia e meraviglia
…ma il mistero e le sorprese iniziano già dal momento in cui la coppia scopre di aspettare un figlio, si crea quel legame affettivo che viene comunicato attraverso la pancia.

E’ ormai risaputo che il feto è sensibile ai rumori corporei della madre e ai suoni del mondo esterno. Per questo si consiglia ai neo genitori di interagire con il pancione. La voce i suoni e le canzoncine cantate dai genitori verranno riconosciuti precocemente dal neonato e saranno utili a favorire l’acquisizione del linguaggio verbale e ad accresce lo stato di sicurezza e protezione.

Ora non vi resta che lasciarvi trasportare dal tenero racconto non dimenticando che anche noi siamo stati “bambini prenatali”

a cura della Dott.ssa Santa Maggio

Troppo bello essere qui

Stare sulla mia nuvola mi piaceva tanto: tracciavo le linee essenziali della mia fantasia e immaginavo come potesse cambiare la mia vita. Non avevo poi una gran voglia di lasciare il cielo, lì mi sentivo esplodere in libertà!

Poi, all’improvviso, senza nessun preavviso, mi sono sentito “rubato”, come un piccolo seme che poi sarebbe germogliato.

Sono travolto, mi scuotono di qua e di là.

Che mi sta succedendo? Dov’è l’azzurro del cielo? Dov’è la mia nuvola? Vedo il buio, mi trovo in uno spazio che non so definire. Ho smesso di essere un angelo, forse? Provo ad aprire gli occhi, mi tiro un pizzicotto e… ancora buio!

Ci sono tanti elementi strani che mi circondano. Sembrano tubi che s’incrociano come a formare un giaciglio… Mmmm! Accidenti! Sono già nella pancia della mia mamma?

Che caldo! Che bel caldo!
Devono essere queste le carezze!
Papà o mamma mi stanno accarezzando e non lo sanno.

Si amano e per loro io mi trovo in questa cella momentanea. Mi manca un sacco l’infinito del cielo! Poi non potrò volare più! Né angelo, né ancora bambino. Un puntino, ecco cosa sono, simile a tanti puntini che poi sarà abbracciato in modo speciale.

Lo spero!
Nove mesi non sono certo una passeggiata, ma io e mamma avremo tanto tempo per conoscerci.

Già le voglio bene, anche se non so esattamente cosa voglia dire.
Chissà! Sarò bello? Mi piacerà correre? Saprò aspettare?
Come corro con la mia fantasia!
Mia madre è una tipa in gamba e attiva.
Mi sembra di essere su un’altalena: ora su, ora giù, , ora a destra, ora a sinistra!
Non sa nulla di me, ma quando lo saprà, chissà come sarà felice!
Immagino già le sue mani, il suo sguardo, i suoi baci… Sì, i suoi meravigliosi baci. Devono essere per forza così!

Che succede?

Driin! Un campanello… Mamma trema e io pure.

All’improvviso ho freddo e poi la sento piangere. Io non ho mai pianto sulla nuvola, ma credo stia piangendo perché anche il battito del cuore è più veloce. Tum, tum, tum, tum!

Ho capito! Ha fatto l’ecografia e adesso è sicura che ci sono.
Beh, forse comincia davvero la mia cronaca. Non ho fatto in tempo a sentire il mio cognome…
Mica è importante ora!
Questi tubi cominciano ad annoiarmi.
Sto crescendo.

Ancora il suono di un campanello e un sobbalzo.

Dev’essere papà. Troppo silenzio ora e poi io qua mi scoccio: aspetto le fatidiche parole ma, forse, i baci sono più necessari adesso.
Che combinano quei due? Ehi, volete parlare di me?
Il silenzio dell’amore dice tutto. La penseranno così. Non è facile per me comprenderli!

I giorni passano velocemente. A volte, mi mancano le stelle, la luna.

Di notte do il meglio di me: con le manine e i piedini, mentre la mamma si racconta, mi muovo e vado alla scoperta del territorio. Gioco col cordone che ci unisce, faccio capriole, mi diverto a soffiare e ascolto il suo respiro. Mi piace sentirla respirare!

Quante lune si saranno avvicendate ancora?
Divento sempre più grosso e faccio fatica a muovermi.

Ancora freddo! Un leggero tremito mi ha fatto svegliare. Una voce estranea, forse quella del ginecologo, sta dicendo alla mamma tutte le mie misure. Mica mi piace essere spiato così! Mi vergogno e poi devo fare il bravo per non far sbagliare il dottore.

“E’ un maschietto!”

E io che mi vedevo femmina! O forse è la mamma che mi ha condizionato, “Serena, Serena!”. Mi chiamava così. Santa pazienza! Dovrò abituarmi a un altro nome!

Comunque, tutto procede e mi sento perfetto.
Nuoto nell’acqua che mi circonda come se mi sentissi davvero a casa. E ho cominciato a sognare di più.

Penso sempre alla nuvola ma ora so che vuol dire amare.
Io amo la mia mamma e lei ama me.
Se ho il singhiozzo, basta una sua carezza e mi calmo.
Se mi muovo troppo, canta canzoncine solo per me.
Ha una voce divina e m’incanta. Il suo grembo è un’oasi di dolcezza.
Ogni tanto, mentre sonnecchio, avverto il calore di una mano diversa, più grande. Quella del mio papà.
Come ci divertiremo io e lui. I due maschi di casa coccolati dalla nostra principessa.

Non ho mai saputo contare il tempo, ma posso dire che ora fugge?

Ogni tanto la pancia della mia mamma si indurisce e lei emette dei gridolini. Forse le faccio male, così provo a scalciare di meno, ma non sempre funziona.

“Ci siamo quasi, signora Brighelli. E’ un maschietto sano e bellissimo!”

Quanto adoro il ginecologo! Mi descrive che sembro una star! E mi fa sentire bello, anzi, che dico! Bellissimo! Mi chiedo se gli amici, che ho lasciato lassù, potranno provare un giorno tutte queste emozioni. Sono fortunato! Il mio Dio mi ha amato prima dei miei genitori. Doveva aver letto il mio desiderio di ogni giorno: essere un bambino come tutti gli altri. Non smetterò mai di ringraziarlo!

Mamma s’affatica molto. Papà la sostiene, la consola e, se ha dei doloretti, le dice di controllare il respiro.

Mi sento un pachiderma goffo e imbranato. Sono già in posizione!

So tutto: devo superare le strettoie del bacino interno, poco più larghe del mio corpo, devo piegare il mio capo e ruotare su me stesso per adattarmi allo stretto passaggio a mia disposizione per nascere.

Istruzioni recepite! Al momento si vedrà!
Ah! Ah! Ah!
Mamma urla.
Oddio! Nascerò! Valigia pronta, corsa in ospedale. Papà guida come un pazzo, mamma urla e io mi stresso.
Le contrazioni aumentano, la dilatazione è quasi completa, mamma spinge, io partecipo.
Qualcuno sta afferrando la mia testa, sto ruotando, le spalle sono allineate.
Quando devono partorire le donne urlano come ossesse. Basta!!!
Sono quasi del tutto fuori. E mi sento strano!
Ultima spinta signora!

E io vivo, pieno di muchi che mi stanno aspirando, ma vivo.

Com’è diverso! La luce m’infastidisce.
C’è un tipo che mi stringe fra le braccia, strampalato direi! Papà, forse.
Ma io aspetto mamma. Eccola. E’ bellissima e non voglio staccarmi da lei e dal suo abbraccio.

Troppo bello essere qui. Grazie, Dio!

(Angela Aniello)

 

Metamorfosi d’Infinito

Una poesia per riflettere sull’attesa

Metamorfosi d’Infinito

A volte Metamorfosi Innesca
Nel vecchio cuore del Tempo
il Frammento d’Eterno
-cangiante bozzolo di vita-
che Indomito giace
dei nebbiosi porti dell’Attesa.
Nascono subitanei domani
d’Infinite corse
Tra speranze appena abbozzate
e addOrmentate parole d’Amore
rubate all’informe respiro della Notte.

(Angela Aniello)

Sono moltissimi i momenti nella vita di ciascuno in cui si innesca una “metamorfosi” interiore. Ogni volta che si cambia ruolo o si attraversano situazioni emotivamente intense cambia il proprio modo di relazionarsi al mondo e a se stessi, si trasforma il modo di approcciarsi alle persone e agli eventi.
Diventare genitori è uno dei momenti di maggiore trasformazione sia psicologica che fisica, in particolar modo per le donne che vivono un’esperienza molto intensa.

Si diventa genitori molto prima della nascita di un figlio, a livello psicologico già dal momento in cui si decide di volerlo e per le donne l’esercizio del ruolo genitoriale si sperimenta e si esercita già dall’infanzia, quando si gioca con le bambole prendendosi cura di loro come una madre fa con il suo bambino.
Per la coppia la maternità e la paternità è un evento che la trasforma radicalmente ed è solitamente associato ad emozioni piacevoli e positive. Nella mente iniziano ad affiorare fantasie, immagini, desideri… e la relazione con il figlio inizia già in gravidanza.

Questo momento non è sempre solo piacevole, per molti si tratta di un grosso cambiamento a livello individuale, relazionale e sociale che è accompagnato da ansie e paure spesso inespresse.
Riconoscere i sentimenti e le emozioni durante l’attesa del proprio figlio è di fondamentale importanza: prepara a fronteggiare la nuova situazione e a non temere le proprie ansie e paure perché sono per molti versi normali e legate alla novità del cambiamento. Esprimere l’universo emotivo interiore e confrontarsi con gli altri è utile per uscire dall’incertezza e dall’ansietà ed è come fornire colore e luce all'”informe respiro della notte”

a cura della Dott.ssa Santa Maggio

La finestra dei bambini

Una filastrocca per riflettere sulla comunicazione delle emozioni

La finestra dei bambini

Oh, finestra, finestrina,
apriti per me stamattina,
quello che volevo dirti
ce l’ho nel cuore,
tu non stupirti…
me lo racconta il tuo amore!

Volevo solo più felicità,
far stare bene mamma e papà!
Finestra mia, non chiuderti mai,
che tu mi ascolti,
è importante, lo sai!

Noi bambini vogliamo attenzione,
abbiam bisogno di esser gioiosi, 
tu ci regali tanta emozione, 
i grandi, a volte, son proprio noiosi,
li vuoi abbracciare e son stressati,
ma, ahimè, noi vogliamo essere amati.

Oh, finestrina, diglielo tu,
che un attimo, un’ora,
non voglio di più.
Adesso io vado e un bacio ti do,
andrò a sognare e più sereno sarò!

(Angela Aniello)

Ogni bambino ha una finestra che racchiude una grande ricchezza, se si sbircia dentro si può vedere un mondo meraviglioso, pieno di colori allegri, di storie bizzarre, ma anche zone tristi e buie; e quando il mondo dei bambini si tinge di colori scuri spetta agli adulti spalancare quella finestra e far entrare luce per permettere ai bambini di tirare fuori tutti i loro vissuti e le loro emozioni.

I bambini hanno sempre molto da dire, non ho mai conosciuto nessun bambino tanto timido e “chiuso” da non riuscire a parlare per ore, hanno solo bisogno di qualcuno che li ascolti perché, parlando, si misurano con le proprie capacità espressive, si confrontano con il loro mondo interiore. Solo parlando i bambini riescono a sciogliere il groviglio di idee, parole, sentimenti ed emozioni che hanno dentro e la cosa più bella che può fare chi ascolta è raggomitolare con ordine e pazienza i loro vissuti, restituendoli ai bambini con entusiasmo, in una forma più chiara, comprensibile e sicuramente più facilmente accettabile per loro.

Ma la frenesia di ogni giorno spesso impedisce agli adulti di dedicarsi ai propri bambini e il poco tempo, che sia ha a disposizione per la famiglia, finisce spesso per essere un tempo di stress e di fatica in cui spesso si vive il fallimento dell’azione educativa.

Ma i bambini ci forniscono già la soluzione:

Oh, finestrina, diglielo tu,
che un attimo, un’ora,
non voglio di più”

Più che la quantità del tempo che si dedica ai bambini, conta la qualità. Può trattarsi di “un attimo o un’ora”, ma se intensi e vissuti a pieno valgono moltissimo, valgono più di un sacco pieno di regali, più di un intero guardaroba nuovo, molto molto di più…

a cura della Dott.ssa Santa Maggio