Articoli della Dott.ssa Santa Maggio

Benvenuto nello spazio del sito santamaggio.it con gli articoli pubblicati dalla dott.ssa Santa Maggio su varie tematiche psicologiche e sociali.

Tra i titoli degli articoli sino ad oggi scritti segnaliamo:

musica ed emozioni” per riflettere su come la musica può modificare i nostri stati emotivi, richiamare immagini, sensazioni, ricordi associati a momenti significativi della nostra vita;

l’immaginario dell’educazione” che ricorda quanto vivere nella società e assaporare la bellezza delle relazioni è un arte complessa che richiede un grande impegno individuale, ma soprattutto sociale;

la fiaba: un aiuto psico-pedagogico nel processo di crescita“. Un invito a stimolare la curiosità nei bambini con la lettura delle fiabe. Trasformare questo tempo in un vero e proprio “allenamento” alle emozioni.

passaggi nel tempo” che ricorda l’importanza di vivere il tempo presente ma proiettati nel futuro

Passaggi nel tempo

L’importanza di vivere il tempo presente

Ogni mattino, appena gli occhi si aprono, nella mente si affacciano pensieri, sensazioni ed emozioni che condizionano tutta la giornata.

Sarebbe bello aprire gli occhi e iniziare a sentire il calore di un raggio di sole che penetra dalla finestra o il fresco di una giornata autunnale che contrasta il tepore sotto le lenzuola, iniziare a stiracchiarsi percependo uno ad uno i muscoli del proprio corpo accompagnando il fisico e la mente ad un risveglio sereno con un respiro profondo… e concentrarsi solo su questo…mentre la sveglia, invece di essere un antipatico allarme, suona “Divenire” di Ludovico Einaudi. E, se a questo si aggiungesse una colazione sana e rilassata, la giornata davvero prenderebbe una piega migliore.

Invece capita spesso che il momento del risveglio è traumatico, ci si “butta” dal letto o si è costretti a farlo senza fiato, assaliti dai pensieri del giorno prima rimasti “sospesi”, dal carico della giornata da affrontare, dall’ansia di dover portare a termine tante faccende e risolvere tante situazioni. Si è nell’attimo presente ma proiettati nel futuro e, quando si è troppo protesi verso il futuro, inevitabilmente si diventa come un treno che corre veloce e che non può godere della bellezza del percorso… non ci si può fermare, se si è su un treno, a sentire i profumi della campagna, a contemplare i colori dei fiori, a parlare con un viandante… Di certo non tutti i percorsi sono piacevoli, ci sono strade accidentate, ma perché fuggire? E’ necessario imparare a stare nelle difficoltà e provare a fare il meglio che si possa fare, circoscrivendo quella difficoltà senza permettere che tutta l’esistenza diventi un problema. Per andare avanti serenamente è necessario ritornare al passato, ripescare dal “museo della propria vita” tutti quei vasi rotti e ripararli come insegna l’antica arte giapponese del “kintsugi” secondo cui gli oggetti rotti vengono riparati riempiendo le crepe con l’oro così diventano più preziosi, più belli e vissuti. Certo a dirsi sembra facile, ma non lo è affatto! La bella notizia è che è possibile!

Quello che bisognerebbe fare ce lo suggerisce il medico statunitense Jon Kabat Zinn con il concetto di “Mindfulness” secondo cui è fondamentale imparare a prestare attenzione, momento per momento, intenzionalmente e in modo non giudicante a tutto quello che si vive, attivando i propri sensi e percependo ogni cosa. In ambito psicologico questo significa “consapevolezza” dei propri pensieri, delle proprie azioni e motivazioni. Ciò che invece si è tentati di fare è operare delle inferenze implicite a partire da quello che si osserva cercando di attribuire costantemente un senso universale alle percezioni. Questo compito di ricerca di senso rischia di diventare un fallimento se non si considera che la realtà che ci circonda non è tutta oggettiva, ma è per gran parte ciò che ciascuno si è costruito di essa. Allora se non si può cambiare la realtà oggettiva, si può modificare quella immaginata, quella che ciascuno ha nella mente e per fare questo è necessario caricarsi di una buona dose di creatività e speranza, perché la propria vita non è una fotografia statica di desideri e sogni realizzati, è dinamismo, è una pellicola in continuo divenire dove ogni imprevisto rende il film più ricco ed emozionante.

Tutto ciò che accade nel passato dà un senso al presente e al domani, ma anche ciò che si pensa del proprio futuro condiziona il presente e ciascuno, vivendo pienamente e intensamente la quotidianità può assaporare la bellezza di essere nell’universo dove spazio e tempo possono assumere un significato nuovo, quello che ciascuno creativamente decide di attribuire per essere più felice.

Santa Maggio

Questo articolo è stato pubblicato anche su www.intertwine.it

La fiaba: un aiuto psico-pedagogico nel processo di crescita

“C’era una volta…” una frase che evoca ricordi, emozioni legate all’infanzia quando, attraverso il racconto letto da una voce calda e familiare, nella mente prendevano vita situazioni, personaggi e luoghi fantastici. Raccontare fiabe ai nostri bambini oggi potrebbe sembrare “fuori moda”, ma questo metodo antico e sempre efficace, permette di trasmettere morale, valori e soprattutto consente di favorire e stimolare l’immaginazione, motore della creatività. Oggi i bambini sono sempre più attratti da videogiochi, televisione ed internet, strumenti che forniscono stimoli forti e accattivanti, ma che non sono sempre in grado di garantire le giuste risposte ai quesiti che emergono in età evolutiva.

L’ascolto di favole e fiabe permette ai bambini di immergersi nell’immaginazione, di sperimentare meraviglia e di confrontarsi con le potenzialità dei personaggi e le innumerevoli possibilità della fantasia.

Quando si racconta una fiaba si regala ai bambini un momento divertente che stimola la curiosità e che è anche un vero e proprio “allenamento” alle emozioni: offrendo ai bambini la possibilità di conoscere gli stati emotivi dei vari personaggi è come se gli si fornisse anche “uno specchio” che favorisce il riconoscimento e la comprensione dei propri stati d’animo e le conseguenze positive o negative che alcune emozioni potrebbero scatenare.

Tramite il racconto è possibile aiutare i bambini a trasformare situazioni ed emozioni in immagini fantasiose e a trasportarle nella realtà attribuendo un significato nuovo e più comprensibile.

La realtà viene semplificata, molte situazioni e vissuti vengono tradotti, per questo si può affermare che la fiaba è uno strumento che vanta importanti funzioni sia psicologiche che pedagogiche in quanto: permette di far conoscere al bambino le possibili avventure e disavventure della vita, insegna a riconoscere i “buoni” dai “cattivi” e il “bene “ dal “male”, permette un contatto con emozioni sia positive che negative, evoca situazioni felici e rassicuranti ed esorcizza elementi violenti, negativi e ostili della realtà e del mondo che il bambino inizia timidamente a conoscere.

Le fiabe, oltre a favorire lo sviluppo di fantasia, immaginazione e creatività, presentano al bambino i principali problemi umani (ad esempio il bisogno di essere amati, la sensazione di essere inadeguati, l’angoscia della separazione, la paura della morte, ecc.) e grazie ai ruoli dei vari personaggi, rendono distinto e chiaro ciò che nella realtà può apparire confuso. I racconti quasi sempre esprimono, in modo simbolico, situazioni problematiche che spesso accadono nel quotidiano e successivamente suggeriscono come possono essere risolte, puntando sulle risorse e sulle potenzialità dei personaggi.

Raccontare fiabe permette di comunicare con il bambino in maniera interattiva affinché egli possa iniziare a familiarizzare con la lettura e con la scrittura, coinvolgendo la sfera cognitiva ed emotiva, imparare a comunicare con gli altri, potenziare la creatività espressiva, sviluppare il linguaggio e la capacità di esprimere stati d’animo, sentimenti ed emozioni. Ascoltando il racconto i bambini possono imparare che la vita prevede delle difficoltà, delle situazioni problematiche che tuttavia possono essere affrontate e superate: in questo modo si pongono le basi per costruire la propria identità personale e culturale.

Per i “piccoli ascoltatori di fiabe” un ruolo importantissimo lo svolge chi legge o racconta fiabe: esso viene percepito come una persona disponibile e presente e grazie al tono di voce familiare e all’affetto che in esso si svela, il bambino impara a riconoscere parole, nomi, verbi e preposizioni. A tal proposito G. Petter scrive: “… nostro figlio potrà imparare molte parole nuove e potrà anche apprendere e rinsaldare certe strutture sintattiche, ovvero certi modi tipici di costruire la frase. Queste strutture linguistiche a poco a poco si fissano, diventano qualcosa di automatizzato, assumendo l’aspetto di vere e proprie abitudini verbali”.

La voce di chi racconta, fornisce al bambino sensazioni ed emozioni che cambiano ad ogni suo cambio di tono, questo permette una migliore comprensione di quanto ascoltato e delle emozioni che accompagnano il racconto.

Il tempo che un adulto dedica alla lettura di una fiaba per il proprio bambino è un tempo di condivisione di grandissimo valore educativo, è un “tempo di qualità” soprattutto se, dopo il racconto, si offrono risposte alle domande dei piccoli ascoltatori intrise di curiosità e creatività.

Le fiabe possono trasformarsi in uno “strumento terapeutico” perché permettono di presentare svariate situazione di vita, di accogliere il vissuto emotivo del bambino e di restituirglielo con un linguaggio che egli possa comprendere; inoltre possono essere un valido aiuto nella comprensione di ciò che i bambini custodiscono nella loro mente e nel loro cuore e che, non avendo ancora maturato le competenze per esprimere verbalmente, cercano di comunicare con atteggiamenti che a volte sembra difficile interpretare.

Ogni bambino ha diritto ad essere stimolato e affiancato nello sviluppo cognitivo, affettivo e sociale, e questo può essere fatto anche attraverso la lettura di fiabe.

Santa Maggio

Le fiabe non insegnano ai bambini che i draghi esistono, loro lo sanno già che esistono. Le fiabe insegnano ai bambini che i draghi si possono sconfiggere

(G.K. Chesterton)

L’immaginario dell’educazione

Pensando all’educazione, mi viene in mente l’espressione rassegnata ma allo stesso tempo rabbiosa del viso di mio nonno, novantaquattrenne, quando guardando la tv o ascoltando i propri nipoti parlare tra loro ha pronunciato più volte in dialetto questa frase: “Il mondo è cambiato, non si capisce più niente, i giovani sono tutti maleducati e senza rispetto”. Solitamente un disinteressato sorriso è la reazione più immediata a questa frase perché detta da un “vecchio retrograde” non ha molta importanza; invece ritengo che in quelle semplici e scontate parole si racchiuda il problema delle nuove generazioni che, nonostante appaiano forti, autonome e combattive, in realtà vivono un gran senso di smarrimento.

In passato l’educazione dei giovani era rigida, autoritaria, repressiva e anche i rapporti interpersonali dovevano conformarsi a schemi e regole condivise da tutti; chi decideva di prendere strade diverse era considerato deviante e veniva presto punito e tagliato fuori dalla società. Persino i rapporti tra genitori e figli erano basati su un sentimento di profondo rispetto al punto da dare del “voi” ai propri genitori con i quali si viveva un rapporto distaccato.
Tuttavia, pian piano la vecchia società patriarcale e autoritaria è scomparsa e si è avviato un graduale cambiamento che ha coinvolto la famiglia, la scuola, il lavoro e ha scardinato i vecchi valori e i vecchi modelli educativi a favore di una società più aperta e democratica in cui la comunicazione e i rapporti interpersonali assumono un ruolo fondamentale nell’affermazione di sé, nella crescita personale e nello sviluppo di una società più libera e creativa che vede emergere rapporti umani più gratificanti e costruttivi.

Nonostante i molti contributi positivi, questo radicale cambiamento ha portato anche dei risvolti negativi: con il crescere della libertà è cresciuta anche l’incertezza, il disagio esistenziale, l’individualismo, la solitudine. Tutto questo non fa che alimentare stress, crisi di identità, crisi dei ruoli sociali, conflitti familiari e separazioni coniugali. I nostri antenati erano sicuramente meno liberi di noi nelle relazioni, per esempio non potevano scegliere se sposarsi o convivere, non potevano avere un rapporto alla pari con il proprio datore di lavoro, non erano liberi di manifestare apertamente in pubblico il proprio pensiero, la propria identità sessuale e le proprie emozioni, però erano meno insicuri, meno ansiosi e meno stressati; quelle che rappresentavano delle restrizioni erano anche una guida sicura per orientarsi nella vita sociale, una fonte di sicurezza per la strutturazione di un’identità salda. Loro a differenza nostra non si portavano dietro il senso di incertezza oltre i trent’anni, perché già a sedici o a diciotto anni venivano considerati adulti in grado di sostenere una famiglia.

Ciò che oggi si avverte è il bisogno di creare dei nuovi modi di vivere il rapporto con gli altri e con se stessi. Ci troviamo in un delicato momento di transizione in cui si buttano sempre più via i vecchi valori, le vecchie forme di relazione ed emergono nuove esigenze, nuove aspettative che rendono difficile l’orientamento autonomo nella società, difficile munirsi di consapevolezza nel compiere delle scelte perché magari si segue ciecamente la strada percorsa da altri, quella strada che porta il nome di “moda”. Così capita spesso di trovarsi di fronte a conflitti, scontri e blocchi delle relazioni dei quali si vorrebbe dare la colpa agli altri invece di assumere un atteggiamento obiettivo che riconosca le proprie responsabilità.

I ragazzi oggi sono spesso lasciati in balia di se stessi e devono imparare sulla propria pelle, per tentativi, a fronteggiare le frequenti sconfitte della vita; l’educazione che essi ricevono a scuola è spesso un indottrinamento che trascura alcune dimensioni fondamentali per la crescita personale come per esempio dimensioni relazionali, emozionali, comunicative, affettive. Nessuno ci ha mai insegnato a comunicare efficacemente, ad impostare in modo sano e costruttivo i nostri rapporti con gli altri, ad ascoltare più che parlare, a condividere più che pretendere. Inoltre, in casa, i genitori spesso esigono e si vantano di avere con i figli un rapporto di amicizia, ma tutti possono immaginare quanto questo, oltre ed essere difficile, è impossibile e deleterio: i figli hanno bisogno di avere dei punti di riferimento saldi e non si può pretendere che confidino tutto ai propri genitori proprio come farebbero con un amico; ci sono cose che vanno scoperte pian piano e che un amico può permettere, ma un genitore no.
Vivere nella società e assaporare la bellezza delle relazioni è un arte complessa che richiede un grande impegno individuale, ma soprattutto sociale; tuttavia per attuare questo è importante che indottrinamento e affettività si abbraccino e che la testa e il cuore si intreccino e camminino sempre insieme al fine di educare i ragazzi ad essere bravi cittadini del mondo.

Santa Maggio

“L’immaginario dell’educazione”. Articolo scritto per il periodico mensile “I CARE” dell’Associazione Musicale “Gruppo Immagini”

Musica ed Emozioni

La musica accompagna gran parte della nostra vita: è di sottofondo nelle nostre attività private, è presente in auto, nei bar, nei negozi, nelle varie sale d’aspetto. Per molti la musica è una compagnia insostituibile che rende meno noiosa la routine quotidiana favorendo spesso uno stato di benessere psicofisico. Ognuno sceglie la musica in base al proprio bisogno momentaneo: c’è chi vuole rievocare un’emozione positiva e piacevole, chi attutire un’emozione negativa e fastidiosa, chi semplicemente rilassarsi e trovare il suo equilibrio, chi vuole distrarsi, chi stordirsi, chi rafforzare lo stato d’animo corrente con melodie ad esso adeguate o creare atmosfere speciali e privilegiate per sé e per chi è con lui.

La musica è capace di suscitare reazioni fisiologiche vegetative automatiche, che solitamente sono al di sotto della nostra consapevolezza: è in grado, per esempio, di modificare la pressione sanguigna, il battito cardiaco, il ritmo della respirazione. Proprio per questo forte potere di attivazione, la musica può modificare i nostri stati emotivi, richiamare immagini, sensazioni, ricordi associati a momenti significativi della nostra vita.

E’ proprio per questo che ognuno sceglie dei brani adatti alle proprie emozioni ed esclude quelli discordanti con il proprio stato d’animo o quelli che provocano disagio. Spesso, e inconsapevolmente, utilizziamo la musica come mezzo personale per un’auto terapia. Ma la musica assume una connotazione ancora più importante per chi la compone, per chi di essa ne fa un’arte trasformandola nelle forme più impensabili e creative. L’artista riversa nella sua musica tutta la sua personalità, tutto il suo mondo interiore e spesso le melodie, o semplicemente i suoni che ne vengono fuori, sono il frutto di una tensione psichica intollerante e portano, alla fine, ad una specie di rilassamento mentale e ad una reintegrazione mente, corpo e spirito.

Quando un individuo è impegnato in un’attività musicale creativa è immerso in uno stato psicofisico che riunisce aspetti diversi del proprio essere (fisico intellettuale, emozionale e spirituale) ed ha opportunità uniche ai fini di una comunicazione interiore che generano nuove occasioni di scoprire il proprio sé, il quale si esprime lasciando una traccia, qualcosa di unico e di significativo per se stessi e anche per gli altri. Il musicista, sia esso professionista o dilettante inesperto, gode di un particolare benessere quando crea suoni e melodie grazie alla sua capacità di attingere dall’inconscio; così egli esprime, in personali forme, un’impronta che è esclusivamente sua e che nessuno altro potrà mai produrre esattamente nello stesso identico modo.

La musica genera emozioni, le emozioni generano l’azione: allora perché non proviamo un po’ tutti ad esprimere la nostra personalità in modo diverso? A strimpellare, a cantare e a giocare con la musica e con gli strumenti a disposizione in maniera nuova? Non importa se ciò che ne verrà fuori sarà un suono melodioso, un rumore strano, se farà ridere, piangere, angosciare, irritare o sognare qualcuno!… In ogni caso avrà creato una reazione e magari un’emozione.

La musica è capace di portarci in alto: le nostre emozioni, il nostro pensiero e il nostro spirito si estendono oltre le normali restrizioni perché la musica ci spinge verso la nostra interiorità, al centro del nostro corpo. La musica, essendo un’arte è, come sosteneva Sigmund Freud, una delle più alte forme di sublimazione.

Santa Maggio

“Musica ed Emozioni”. Articolo scritto per il periodico mensile “I CARE” dell’Associazione Musicale “Gruppo Immagini”