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Il silenzio di Emma

Un racconto per riflettere sulla storia drammatica di un’adolescente vittima del cyberbullismo

Quella che trovate di seguito è la storia drammatica di un’adolescente. Vorremmo che si trattasse solo di fantasia o di estremizzazioni… ma purtroppo di storie simili se ne sentono anche nella vita di ogni giorno, in quella reale.

Spesso è proprio tra reale e virtuale che si gioca la vita di un’adolescente.

L’adolescenza è il periodo più importante e allo stesso tempo il più delicato per la definizione dell’identità che deve tendere all’integrazione delle varie componenti: quelle di tipo personale, sociale ed esperienziale (Erik Erikson, 1995). Ma con internet e l’interrealtà si assiste ad un fenomeno che inibisce l’integrazione e favorisce la moltiplicazione delle identità. Spesso da internet arrivano stimoli che suggestionano e offrono l’opportunità di modificare la propria identità e di svelarla a piacimento portando l’adolescente a ricercare consensi nel mondo del virtuale: questo può intrappolarlo nel rapporto con i social network e sicuramente non favorisce la maturazione di un’identità autentica. Il rischio di non riuscire a controllare le proprie emozioni e di non capirne l’origine è sicuramente sempre in agguato, come è sempre alle porte il rischio di essere vittima del cyberbullismo!

Buona lettura!

a cura della Dott.ssa Santa Maggio

Il silenzio di Emma

-Dimmi, sto bene?-

-Sei decisamente perfetta, Anna! A Stefano farai girare la testa stasera e il cuore..-

-Ah ah ah! Sempre la solita!-

-Sì sì, parli bene tu che stai già pregustando una serata da scintille. Potessi averne io una così!-

Anna strabuzzò gli occhi e colse un senso d’amarezza dietro quell’affermazione. Non l’aveva mai ammesso così chiaramente Emma il suo disagio.

-Emma, Emma cara, vedrai che arriva pure per te l’amore. Non dubitare!-

-Uhm, non ne sono così sicura ma, a questo riguardo volevo dirti che..”

-Che?-

-Che uno, insomma, un tipo giusto forse l’ho incontrato.-

-E dove se non esci mai, a parte la scuola e la parrocchia?-

-Su Ask. Ne avrai sentito parlare, no?-

-Sì e certo non bene. Dicono non sia affidabile. Poi quelle domande anonime cui rispondere non mi attirano affatto.-

-Allora, racconta! Ho ancora qualche minuto, poi vado. Stefano mi aspetta a un isolato da qui. Dice che mi stupirà e io gli credo. Finora non mi ha mai deluso.-

I suoi occhi sognanti fecero disperare Emma.

-Con quella mini così mini lo farai sicuramente felice. Non dovrà armeggiare molto per averti.-

-Emma, non sei mai stata così spregiudicata, mi disarmi.-

Il rossore delle guance non smentiva quanto detto, anzi lo avvalorava.

-Insomma… Il tipo è interessante, poi con lui mi sono spinta oltre…-

-Cioè l’avete fatto e io ne sono all’oscuro?-

-No, no, non intendevo fino a quel punto, ma credo manchi poco. A breve gli chiederò un appuntamento.-

-Lui cercava una abbondantemente sensuale ed erotica disponibile e io mi sono proposta. Quell’abbondantemente mi ha colpito e ha risvegliato ogni senso. Mi sono presentata confermandogli il mio interesse a saperne di più. All’inizio solo domande e risposte scherzosamente banali, ma sempre un po’ piccanti. Poi in privato mi ha chiesto tutto: descrizione fisica, particolari sulle misure, gusti su biancheria intima e infine foto. Lì ho titubato un po’, ma ormai c’ero e non potevo sottrarmi al suo fascino. Ho accontentato ogni sua richiesta e con la webcam diciamo che l’ho fatto impazzire scoprendo lentamente le mie parti intime…-

-Basta! Basta! Ti sei ammattita o che? E non t’ha sfiorato neppure per un secondo l’idea che potesse usare diversamente quelle foto e quei filmati?-

-Sinceramente no! Non è che sia proprio tranquilla, ma penso di potermi fidare, vedrai…-

-Ora devo andare, ma ne riparleremo, devi raccontarmi di più..-

-Sì, tu divertiti, io ho un programmino sexy con lui se si collega.-

-Sta’ attenta, bacio!-

Emma rimase dietro la porta finchè il ticchettio dei tacchi cessò. Era l’ennesimo sabato sera che trascorreva in casa. I suoi erano usciti a cena con amici. Davide, suo fratello, ormai dipendeva completamente dalla sua fidanzatina che gli organizzava le serate.

La casa era abbastanza grande e il vuoto intristiva.

Accese il pc sperando che la lucina del contatto divenisse verde. Nulla! Rimase davanti lo schermo per ore inebetita. Prese il completino intimo che aveva comprato e lo indossò. Lo specchio non rifletteva un’immagine perfetta. Anzi!

Era ingrassata ancora. Non riusciva a fare a meno dei dolci.

-Se continui a mangiarne, diverrai una palla di lardo.- La voce dura e impertinente di Emma la seguiva ovunque. Soprattutto nei silenzi.

-So che mi vuoi bene, ma che posso farci? Dovrò pure consolarmi in qualche modo! Niente sesso, ma dolci a volontà!-

-Sì, chi ti fila poi? Sei diventata come un armadio e il grasso straborda.-

-Non credi di esagerare? Affatto! E sono sincera.-

Prese ad accarezzarsi i fianchi abbondanti e far scivolare le mani sulle cosce piene di cellulite, anche la pancia era molliccia, ma il seno era un’esplosione.

Una decima era davvero tanto seno sodo e generoso.

Era su quello che puntava per conquistare Davide, così le aveva detto di chiamarsi.

E Davide arrossiva, si confondeva dinanzi a quella prosperosità.

Anche il suo viso non era niente male. Il nasino all’insù, ereditato dalla mamma di origini francesi, le conferiva sensualità e simpatia.

Le sue amiche glielo invidiavano.

Anna, ad esempio aveva narici molto larghe e un viso poco interessante montato però su un corpo mozzafiato.

Decise che guardarsi poteva essere molto deprimente se dall’altra parte non c’era nessuno che le facesse i complimenti.

Accese la tv, si spaparanzò sul divano e cominciò a sgranocchiare patatine e a bere con la cannuccia due o tre lattine di coca cola.

Sapeva che era una miscela esplosiva, ma a diciassette anni ad un tratto il mondo comincia a rovesciarsi e con esso tutte le buone e sane convinzioni.

-Fanculo alla linea e a voi tutte anoressiche! Io non sarò mai una taglia 40, non me ne può fregar di meno! Fanculo pure a te, mamma, che ti vergogni a portarmi appresso nei tuoi circoli di bellezza dove o si è perfette o lo si diventa nel tempo!-

Tu sì que vales su Canale 5 era solo un lieve mormorio. La mente vagava, le nocche tamburellavano sul bracciolo di legno, gli occhi si assopivano di tanto in tanto.

Chissà che stava facendo, Anna! Erano già seminudi da qualche parte dopo la cena romantica? Stavano facendo l’amore tra grida e ridolini? Stefano era caruccio e la sapeva rendere felice.

-Davide, cazzo, dove sei finito? Inghiottito da un silenzio che morde più di un cobra. Striscia sulla pelle ed è pronto ad agguantarmi fra le sue spire.

Non scappo. Sono immobilizzata. Non so se è giusto vivere così!-

Era l’una. Si stese sul letto e di tanto in tanto spiava la lucina.

Ad un tratto un verde brillante riempì i suoi occhi.

-Eccoti, amore mio!-

-……………….-

Smise di pigiare i tasti.

-Ho voglia di te, adesso! Spogliati e comincia a far ondeggiare i tuoi seni-

-Fammi vedere il tuo volto!-

-Adesso, no! Lunedì, forse, lunedì…-

Valse più di una promessa.

La webcam era posizionata sul suo corpo. Era rimasta seminuda col suo completino.

-Ti piace?-

-Cosa?-

-Il mio reggiseno nuovo!-

-Adoro i tuoi movimenti.-

-Strizza i capezzoli e lascia dondolare di fianchi in una danza sinuosa-

Stefano-Davide era al culmine di un’erezione e non trattenne il suo piacere.

-Domani, domani sera ci vediamo e ci divertiamo un po’-

-Dove? Quando?-

-Ti faccio sapere io.-

Il giochetto era durato un’oretta. Emma era felice adesso.

-A lunedì!-

Dormì tranquilla e la domenica fu abbastanza insignificante. Nessuna telefonata di Anna. Nessuna emozione particolare.

La sveglia suonò tardi e quel lunedì cominciò male. Si vestì in gran fretta senza far colazione con i crampi allo stomaco per la fame e corse via.

L’ingresso dell’I.T.C. era monumentale. Un vecchio monastero adibito poi nel tempo a edificio scolastico.

Frotte di ragazzi arrivavano da ogni dove al terzo suono della campanella. L’ultimo valido per entrare, poi chiudevano il portone.

Vide Anna praticamente incollata a Stefano. Ogni momento era buono per stare insieme.

-Emma, ciao!-

Le venne incontro con un sorriso luminosissimo.

-Tutto bene?-

-Sì, a te?

-Meravigliosamente, più tardi mi inoltro nei dettagli.-

Entrarono in classe e presero posto. Il Prof. di Matematica stava già facendo l’appello.

-Sempre in ritardo voi due!-

La sua voce severa scivolava come l’acqua.

Aprirono libri e quaderni e preferirono tacere.

-Mi ha contattata! Oggi ci vediamo!-

-Chi?-

-Davide, cioè… il tipo di cui ti avevo parlato.-

-Signorina Masi, cosa stavo spiegando?-

-Uhm, Professore, ci stavamo scambiando un’informazione importante-

Anna rise e poi si fece subito seria e pensierosa.

Quella storia non le piaceva affatto.

All’intervallo chiesero di andare in bagno. Era l’occasione per Anna di vedersi con Stefano e per lei una sana ventata d’aria fresca.

Ad un tratto l’occhio cadde su un volantino incollato sulla bacheca scritto in stampatello maiuscolo.

-RAGAZZA CON DECIMA DI REGGISENO RICEVE QUESTA SERA. PER INFORMAZIONI, CONTATTARE IL NUM……-

C’era una strana coincidenza. Il cuore si fermò per un attimo. Divenne pallida come un cencio e con una scusa rientrò in classe.

Stefano aveva seguito tutti i suoi movimenti ed era soddisfatto.

-Dì, tu, che stai tramando? Quando ridi così, ne stai combinando una delle tue! Guarda che se ti scopro son guai!-

-Io? Nulla, nulla.. Solo che stasera ho un impegno e non possiamo vederci.-

-Con chi ti vedi?-

-Con mio padre, un affare di famiglia importante, credimi!-

-Va bene, andrò da Emma!-

Emma all’uscita fu vaga e senza dir nulla si affrettò a tornare a casa.

-Mamma, arrivo!-

Accese il pc, si collegò ed ecco il messaggio che aspettava.

-Stasera alle 18:00 davanti al Bar Orchidea. Non mancare! Avrò una felpa bianca.-

-Ok!-

Emma decise di andare. Voleva sapere.

Lo squillo del cellulare la fece sobbalzare.

-Emma, stasera sto con te. Stefano ha un impegno e sono liberissima.-

-Mi spiace, non posso. Ho da fare anch’io.-

Stava chiudendo quando l’urlo indispettito della sua amica dall’altro capo la trattenne.

-Cavolo! Siete tutti impegnati!-

-Per una volta assapora la solitudine!-

-No. no e poi no! Ti raggiungo, poi vado via!-

-Va bene!-

-Cazzo! Non me ne va bene una oggi!- E lanciò il cellulare sul letto per non far troppo rumore.

A tavola giocherellò col cibo.

Aveva lo stomaco sottosopra. Niente farfalle, niente emozioni, niente di niente!

-Non l’avevo immaginato così l’amore. Devo incontrarmi con lui e non mi tremano neppure le ginocchia.-

Uscì tutti gli abiti probabili per l’occasione. Ne scelse uno color cremisi. Dava luce al viso e allo sguardo.

Abbinò un rossetto per l’occasione, un filo di eye-liner ed era pronta.

Sapeva che Anna non avrebbe tardato e non era in vena di confessioni religiose.

La torturava il senso di fame insoddisfatta. Cercò di domare i riccioli raccogliendoli un po’.

-Emma! C’è Anna qui!-

-Arrivo!-

Scese le scale senza affrettarsi.

-Wow! Che schianto!-

-Ricordi cosa ti ho confidato nell’ora di matematica?-

-…… Uffa! Non mi sovviene!-

-Io. il tipo. stasera…!-

-Ah, era quello il tuo impegno? Scusami! Dove avrò la testa?-

-Ahaha! Non cambierai mai! Stefano ti dà buca per una sera e tu immagini storie strane e misteriose.-

-Un po’ ci hai preso. E’ stato vago e non l’ho bevuta. Mi accorgo quando mente e stavolta sento puzza di bruciato.-

-Tipo?-

-Tipo che non so, ma c’è qualcosa che non mi piace a pelle.-

Mancava un quarto d’ora all’appuntamento.

-Dai, accompagnami! Poi vai via!-

-Sei bellissima, Anna! Cadrà ai tuoi piedi!-

-Non sono tranquilla neanche io. Stranezze d’amore…-

-Eh! Stomaco in subbuglio, occhi illanguiditi, labbra pronte a baciare, mani che sudano.. Chiari sintomi d’innamoramento in corso.-

Si avviarono ridendo e scherzandoci su.

Anna ed Emma si abbracciarono forte e si separarono all’angolo prima del bar.

Era in anticipo e decise di mettere le cuffie e ascoltare un po’ di musica.

Anna si appostò dietro un’auto. Era curiosa.

-Mica sto facendo l’impicciona io! Voglio proteggere la mia amica!- disse a se stessa per convincersi che non era proprio scorretto spiare.

Quando lo vide, il cuore le diede un pugno in petto.

Inconfondibile nella felpa bianca che gli aveva regalato. E non era solo.

Marco e Andrea erano con lui.

-Che cazzo sta succedendo?

Emma era di spalle. Musica a palla nelle orecchie. Non si era accorta di nulla.

Avanzavano spediti verso di lei. Sembravano brilli.

Appena furono vicini, si guardarono circospetti.

La strada era deserta. Il bar era chiuso.

Due le trattennero le braccia.

Stefano cominciò a toccarle il seno.

Emma si voltò urlando.

-Che ci fate qui?-

-Ma chi credevi che fossi? Il principe azzurro? Puah! Mi fai schifo, lardona!-

Emma cercò di liberarsi dalla stretta.

-Toglimi le mani di dosso o te la faccio pagare!-

-Uhm… La santarellina sta recitando il suo rosario quotidiano!-

Anna non ci vide più.

Quando Stefano notò la sua presenza, impallidì.

-Brutto stronzo! Da stasera sarai sempre impegnato con tuo padre. Con me hai chiuso! Vaffanculo, capito? Vaffanculo!-

Cominciò a lagnarsi, a piagnucolare.

-Ecco quello che sei! Un bambinone stupido e viziato. Non so che farmene di uno come te.-

Prese per il braccio Emma e andarono via.

Non parlarono, non commentarono. Si abbracciarono silenziose.

-A domani, Emma!-

Salì le scale in punta di piedi. Erano di ghiaccio i piedi.

Non c’era nessuno.

Quanto rumore fa la paura?

Si fece una doccia calda e si strinse nell’accappatoio. Aveva freddo al cuore.

-Mi son fatta fregare! Avevi ragione, Anna!-

Prese due fogli da lettera e scrisse due righe su ognuno.

-Fanculo a tutti! Me ne vado via in solitudine! Un bacio-

-Abbi cura di te, Anna! Mica ti lascio, eh? Passo solo dall’altra parte.-

Suo padre aveva una collezione di coltelli antichi.

Estrasse quello con la lama più grande.

Cominciò a giocherellare sui polsi. Tagli sempre più profondi e sangue che schizzava ovunque sul pavimento di marmo bianco nel salone.

Poi un colpo netto al cuore e fu subito buio.

La trovarono così.

Urla strazianti forarono la sera.

Anna, intanto, si rigirava nel letto senza prender sonno.

Il display del cellulare ad un tratto si accese.

-Giuro che se osa chiamarmi, gliene canto ancora quattro.-

Il nome di Emma campeggiava lo spazio a disposizione.

-Emma, Emma cara, dimmi!-

-Emma non c’è più, Anna!-

La voce singhiozzante del fratello le accorciò il fiato.

Si rivestì e corse lì accompagnata da sua mamma.

-Ti voleva bene, ti voleva bene!-

Quando le porsero quel foglio macchiato del suo sangue, si sentì mancare.

-Ho perso le parole nel dolore. Ho provato a raccoglierle, ma non le ho ritrovate. Si sono sparse lungo la via, lungo la via del non ritorno-

Scrisse questa frase sulla lavagna a scuola il giorno dopo.

Erano tutti sconvolti.

-Adesso parla, se ne hai il coraggio. Racconta di quel cazzone che ha giocato con l’amore e s’è bruciato da solo. Racconta di un’amica che mi hai portato via!

Raccontate che gli scherzi uccidono, uccidono ancora!-

Stefano, Marco, Andrea piangevano senza consolazione. Emma li aveva puniti nel modo peggiore. Scivolando via da tutto e da tutti senza possibilità di riscatto.

Ad un tratto pallido, barcollante, con gli occhi scavati dal pentimento Stefano davanti a tutti espose il piano escogitato ai danni di Emma.

-Mi assumo le mie responsabilità. Se devo pagare per il mio errore, che sia!

Ho lasciato i miei occhi nel suo terrore ieri. Li ho lasciati anche in quelli delusi, feriti e arrabbiati della mia ragazza. Si paga cara la stupidità. Si paga cara una vita che non c’è più.-

Anna non alzò lo sguardo mai. Tornò a casa stravolta.

Emma se l’era portata appresso.

(Angela Aniello)

 

Per gli occhi di Elisa

Un racconto per riflettere su un tema di forte attualità di cui probabilmente non si parla mai abbastanza in famiglia

Il racconto che segue, nudo e crudo, ha l’intento di mostrare uno dei tanti aspetti della vita dei giovani adolescenti, un aspetto purtroppo reale e di cui spesso gli adulti ignorano l’esistenza perché convinti che i propri figli siano lontani dal mondo delle droghe e che mai in nessun modo ne verranno a contatto. L’esperienza dei protagonisti di questa storia vuole spingere adolescenti e genitori a riflettere su un tema di forte attualità di cui probabilmente non si parla mai abbastanza in famiglia. L’informazione e il confronto su questa tematica sono di fondamentale importanza affinché si possa aiutare le nuove generazioni a relazionarsi e a vivere in maniera più consapevole.

Molti adolescenti credono che per divertirsi, per evadere dalla noia, sia necessario “sballarsi” e il fatto che si accetti di farlo sporadicamente e solo in alcune occasioni, li tiene lontani dall’etichetta di “tossicodipendenti”. Tuttavia spesso la curiosità, la propensione al rischio e le pressioni sociali impediscono all’adolescente di dire “no” all’invito all’uso.

Le motivazioni che possono spingere gli adolescenti a fare uso di sostanze psicotrope possono essere molte: desiderio di divertirsi o fare qualcosa di diverso; accesso facile alla droga attraverso compagni, amici o ragazzi più grandi; curiosità e desiderio di sperimentare; desiderio di essere accettati dal gruppo; ribellione; depressione; scarsa autostima; sensazione di inadeguatezza sociale; bisogno di superare situazioni stressanti; noia; problemi familiari ecc..

Ma può anche capitare che l’incontro con la droga non sia cercato né lontanamente voluto e avvenga in maniera inconsapevole: così quello che agli occhi degli adolescenti può apparire come un gioco innocuo e divertente, a volte può trasformarsi in una tragedia irreparabile

a cura della Dott.ssa Santa Maggio

Per gli occhi di Elisa

La prima volta che aveva incontrato quegli occhi Luisa sapeva che non se ne sarebbe mai staccata.

Verdi come l’erba dei prati. C’era un volo d’anime nel loro sorridere alla vita. Elisa era un turbinio di entusiasmi, di passioni, di emozioni, più di una sorella, un prezioso punto di riferimento che le dava equilibrio ogni volta che vacillava.

Ora vederli così strabuzzati e spenti le pareva quasi irreale.

-Elisaaaaa, Elisaaaa, perché non rispondi?-

I granelli di sabbia si confondevano con tracce salmastre e quella schiuma bianca sulle labbra era una terribile zona di confine.

Elisa era volata via senza dirle nulla.

Ore prima

-Luisa perché hai deciso di farlo? Perché non vuoi ascoltare i miei consigli? Tu sei una brava ragazza, non hai bisogno di divertirti così. Quel Mike non mi piace, poi è tanto strano.-

-Ahaha! Elisa, sei sempre in ansia per me! Possibile che non mi dai mai fiducia?-

-Dati i precedenti, forse un po’ di ragione ce l’ho, no?-

-Mike è figo, voglio giocarci un po’! Sai cosa intendo: due bacetti, una festa sulla spiaggia con i suoi amici. Cosa vuoi che possa capitarmi? Magari, mettici pure qualche bicchierino di vodka o altri alcoolici, ma, tranquilla, non voglio impasticcarmi. Poi, se proprio ci tieni, c’è un amico di Mike, che ti fa il filo. Non lo dà a vedere perché è un timidone, ma per me è un tipo a posto.-

-Chi? Quello coi rasta che ha un viso d’angelo e due occhi dolcissimi?-

-Sì, proprio lui!-

-Non è male per niente ma… Davvero tu lo vedresti con una come me?-

-Uhm, di primo impatto forse no, però conoscendovi potrebbe scoccare la scintilla. Perché non vieni con noi?-

-E che scuse trovo con i miei? Sai bene che sono severissimi. Abbiamo solo sedici anni, ricordi?-

-Possiamo dire ai nostri rispettivi che abbiamo organizzato un pigiama party, che ne pensi? Che vuoi che succeda? Intanto ci divertiamo e tu mi controlli sul posto, visto che sei di gran lunga più saggia di me-

-Va bene, Luisa, mi hai convinto! Speriamo di non cacciarci in un bel guaio! Chi le sentirebbe le loro lamentele?

-Fidati, Eli, è tutto a posto. Non corriamo pericoli e, se non vuoi bere, non bevi. Se vediamo che la situazione degenera, con una scusa andiamo via. Alle 20:00 ti aspetto a casa. Metti in uno zainetto insieme al pigiama l’occorrente per la spiaggia. Mike verrà a prenderci con la sua auto una mezzoretta dopo. Hanno scelto un tratto di spiaggia abbastanza isolato, dice che lì spesso ci sono feste speciali.

-Ok, non mi sento tanto tranquilla, ma non ti lascio da sola.

Il pomeriggio trascorse rapidamente e convincere le mamme fu una passeggiata. Si conoscevano da una vita e si fidavano abbastanza di quelle figlie dalla faccia pulita per dubitare.

Elisa optò per un costume intero nero abbastanza sobrio, non voleva che quel tipo si facesse chissà quali idee sul suo conto.

Luisa, invece, trasgressiva, scelse un due pezzi molto mini di colore bianco che metteva in risalto la sua pelle abbronzata.

Al suono del citofono trasalì. Aveva uno strano presentimento, ma forse si trattava semplicemente della paura di amoreggiare con un ragazzo più grande. Era completamente fusa per Mike e sapeva di non poter mantenere tutte le promesse fatte ad Elisa.

-Sali- le disse con un tono di voce basso.

-Che c’è? Hai cambiato idea?-

-No, no, fantasticavo! Mike e io.. stasera … insomma… se succedesse, non ti deluderei, vero?-

-Voglio solo che non ti faccia del male da sola. Se ritieni che sia giusto, non posso impedirtelo, ma sta’ attenta!-

Luisa le schioccò un bacio sulla guancia e si sentì sollevata.

-Mia mamma è uscita, le scrivo un bigliettino ricordandole che non deve aspettarmi stanotte e andiamo via.-

-Va bene! Tu, intanto, cambiati se lo ritieni opportuno. Posso prestarti dei trucchi. Un bel rossetto rosso sulle tue labbra carnose starebbe a meraviglia e un po’ di mascara metterebbe in risalto i tuoi occhi verdi. Dai, stasera possiamo esagerare un po’, che dici?-

-Mi hai convinta. Magari quel tipo cambia idea e mi lascia tranquilla.-

-Dubito! Dovrai starne alla larga, altrimenti..-

-No, Luisa, non voglio innamorarmi adesso. Gli studi sono molto più importanti. C’è tempo per l’amore.-

-Quanto sei seria! Ma ti voglio un gran bene per questo!-

Si abbracciarono e scesero contente.

Mike fu puntualissimo. In macchina c’era anche il suo amico, manco a farlo apposta. Elisa guardò Luisa inviperita.

-Non ne sapevo nulla, giuro!- le sussurrò stupita.

-Voglio crederti!-

Quando arrivarono in spiaggia, c’era già tanta gente, molti ragazzi che non conoscevano, musica ad alto volume, falò dappertutto e fiumi di alcool e fumo.

-Mettetevi comode- suggerì Mike.- Noi andiamo a prendere da bere.-

-Io non bevo- ribattè Elisa stizzosa.

-Come vuoi, tranquilla!- si affrettò a dire l’amico di Mike.- Piacere, io sono Luca. Possiamo fare una passeggiata.-

-Ci vediamo dopo.- Luisa le strizzò l’occhiolino e seguì Mike. Elisa si fece coraggio per superare la timidezza e accettò la proposta di Luca.

-Sei bellissima, stasera, Luisa! E quel costume sottolinea le tue curve mozzafiato. Tieni, beviamo birra per il momento.-

Per una astemia, già dal primo sorso la birra mandava in confusione.

-Non ti sei mai ubriacata, vero?- le domandò Mike che cominciava a prenderci gusto.

-No, no, mai! Adesso vorrei andare dalla mia amica, non conosce nessuno e potrebbe annoiarsi.-

-Tranquilla! Ho detto a Luca di occuparsene, è il tipo giusto, non aver paura. Noi possiamo anche fare altro.-

E cominciò a baciarla facendo scivolare le mani sui seni. Luisa rispose a quel bacio appassionatamente e fare l’amore fu così naturale che i loro corpi proprio non riuscivano a staccarsi.

Luisa era strafelice ma pensava ad Elisa. Dall’inizio della festa non si erano più viste e si domandava che fine avesse fatto.

-Mike, vado a cercare la mia amica!- Fece per rivestirsi quando si sentì nuovamente posseduta con una frenesia irresistibile, cedette e dimenticò Elisa per molto altro tempo ancora.-

Dopo la birra, avevano bevuto anche vodka e la lucidità cominciava a venir meno.

Elisa intanto aveva chiacchierato a lungo con Luca, era un ragazzo sensibile e stava bene in sua compagnia. Aveva la gola secca e il caldo era terribile.

-Ho voglia di bere- gli confidò a un tratto.

-Qui non abbiamo acqua, solo alcoolici.-

-Che vuoi che possa farmi un solo bicchierino?-

-Vado a prenderlo e ti raggiungo-

Luca attendeva quel momento dall’inizio. Si avvicinò ad un gruppo di amici e si fece dare una pasticca di ecstasy.

-Questa ha un taglio speciale. La prendi e voli- gli dissero. Non ci dette peso. Riempì un bicchiere di vodka e vi sciolse l’ecstasy. Quella ragazza gli piaceva molto e sapeva che, senza un aiutino, non avrebbe ceduto alle sue avances.

Quando glielo porse, Elisa gli sorrise. Lo mandò giù tutto d’un fiato tant’era assetata.

-Grazie! Adesso mi sento meglio!-

Luca le si avvicinò per coccolarla un po’, ma notò subito il suo pallore e le gocce di sudore sulla fronte.

Stramazzò a terra e spalancò gli occhi. Dalla paura fuggì e la lasciò sola.

-Cazzo! Questa muore davvero!-

Non si voltò più a guardarla. Elisa era già morta.

Luisa barcollava e Mike era strafatto, aveva fumato coca. D’un balzo corse via col cuore che le scoppiava in petto. Forse era l’alcool o il terrore che fosse accaduto qualcosa. I volti erano indistinti al buio e ovunque c’era gente stravaccata e seminuda, completamente persa. Ad un tratto la riconobbe. Luca non era con lei ed era stesa. Immobile!

Contò i passi che le separavano. Cinquanta. Troppi!

Provò a scuoterla, a chiamarla con un filo di voce, a urlare il suo nome fino alle stelle. Elisa non c’era più.

-Che cosa ti ho fatto? Avevo giurato che non sarebbe accaduto nulla, invece ti ho lasciato andar via per sempre.-

Nessuno accorse e la spiaggia lentamente si svuotò. Compose il numero della polizia e dei suoi genitori.

All’agente spiegò che si trovava nel tratto di spiaggia delle feste speciali e in breve si udirono le sirene.

-Mamma… Dovete venire in spiaggia… E’ successo un casino…Qui c’è la polizia ed Elisa è morta-

– In spiaggia? Ma… Mamma, poi ti spiego, promesso… Ho bisogno di te, adesso! Percorri la litoranea, noterai subito le auto-civetta. Se puoi, chiama i genitori di Elisa, di’ che c’è stato un incidente.. Cercherò di spiegar loro l’inspiegabile. Ho paura, mamma, ho paura!-

Gli agenti cercarono di rassicurarla. Era palesemente terrorizzata e sconvolta. Aveva brividi dappertutto.

-Prendetevela con me. L’ho uccisa io. Lei non voleva venire, l’ho persuasa in ogni modo. Non potevo immaginare che finisse così. Era la mia migliore amica, una bravissima ragazza.-

Tese le mani aspettando le manette.

-Signorina, lei non c’entra. Ci spiace per la sua amica, vi siete fatte trascinare da compagnie non adatte alla vostra età. Credete di divertirvi e finite col perderci la vita Se ci aiuta, acciufferemo i responsabili-

-Mi avete ascoltato? Lei aveva detto che non voleva bere. Non so che cosa è accaduto. Purtroppo non ero con lei.-

-Faremo le opportune analisi. Probabilmente qualcuno ha sciolto dell’ecstasy offrendole da bere.-

Le venne in mente Luca, quello dalla faccia d’angelo e dalla mente diabolica. Non conosceva neppure il cognome. Erano spariti lui, Mike, tutti.

Quanta solitudine poteva esserci su una spiaggia all’improvviso deserta!

-Con chi siete venute qui?-

-Con amici o così pensavo-

-Sapresti descriverli?-

-Certo!-

-Più tardi in centrale ci fornirà i dati necessari-

-Figlia mia, come stai?-

La voce calda e preoccupata di sua madre la riportò alla realtà.

-Mamma, perdonami! Ho combinato una cazzata e per colpa mia Elisa.. Sono stordita ma sono viva, dovevo esserci io là, non lei.-

-Elisaaaaaaaaa!-

L’urlo disperato della madre davanti al corpo senza vita della figlia le trapassò il cuore raggelandola.

Finirono le parole, i pensieri. Si spensero anche le lacrime e tutte le stelle. Il cielo era una cappa nera e vuota.

-Volevo bene ad Elisa e non mi perdonerò mai. Non riesco a dire altro, mi creda. Neppure se mi sforzassi..-

Tremava. Tremavano.

-Benedetta ragazza, che vi è saltato in mente? La mia Elisa seria, brava, giudiziosa.. Ti voleva bene anche lei. E adesso? Non la sentirò più ridere, cantare, parlarmi. Non la sentirai più… L’abbiamo persa entrambe! Perché ci avete mentito? Perché?-

-Posso morire anch’io adesso. Che senso ha continuare?-

Un ceffone ruppe il silenzio e le lacrime riaffiorarono in superficie senza potersi perdere più in quegli occhi, negli occhi rassicuranti di Elisa.

-Mamma!-

Si abbracciarono finalmente.

-Elisa non doveva venire stasera. L’ho convinta io, volevo farla divertire. Sempre così precisa, ligia al dovere, più grande della sua età.. Poi, giunte in spiaggia, ci siamo separate. Mi sono appartata con un ragazzo che ho conosciuto ultimamente. Siamo stati insieme a lungo. Elisa à rimasta con un amico che le ho presentato, dovevano fare una passeggiata. Nulla di che. Ad un tratto l’ho cercata e l’ho trovata così. Mamma, Signora, credetemi, non volevo, non volevo.. Elisa era molto preziosa per me..-

– Hai avuto la tua lezione. Mentire non serve a nulla. Non è un sano divertimento questo!-

-Elisa voleva studiare e diventare chirurgo. Era il suo sogno e s’impegnava ogni giorno-

-Sono io la pecora zoppa, Signora e lei mi sosteneva sempre ascoltandomi, correggendomi.-

-Vienimi a trovare di tanto in tanto, raccontami di lei, della vostra amicizia, dei vostri pensieri-

Luisa si sentiva lacerata. Restò in silenzio finché non arrivarono in centrale. Descrisse in maniera particolareggiata Mike e Luca, purtroppo non conosceva il loro cognome.

-Li troverete ai giardini. Si incontrano lì alle 12:00 circa, ogni giorno. Qui a Sapri li conoscono in molti. Suonano anche in una band.-

-Grazie per la collaborazione. Adesso può andare.-

Era quasi l’alba. Il cielo non le bastava più. Per gli occhi di Elisa doveva diventare molto più grande. Immenso.

Luisa si coprì il volto e scivolò in un sonno profondo per dimenticare.

(Angela Aniello)

 

Riproviamoci ancora

Un racconto per riflettere sulla comunicazione
e sulle dinamiche tra genitori e figli adolescenti

Il racconto che segue, intenso e ribelle, grazie ad un piccolo tuffo nella mente di un’adolescente, fa riflettere sulla comunicazione e sulle dinamiche genitori-figli adolescenti.

L’adolescenza è sicuramente il momento più critico della vita sia per i figli che per i genitori. Non ci si trova più davanti ad un bambino dipendente e spesso accomodante ed essere genitore diventa sempre più un compito di costante adattamento soprattutto in questa fase importantissima e nuova del ciclo vitale.

L’adolescente deve fare i conti con i profondi mutamenti degli aspetti fisici, con la rottura dell’equilibrio emotivo, con il rapido alternarsi di stati d’animo opposti e i problemi connessi, con il comparire delle pulsioni sessuali, con le prime esperienze sentimentali, con le scelte professionali, ideologiche, scolastiche, ma soprattutto con il desiderio di indipendenza e allo stesso tempo di un rapporto diverso con gli adulti.

In questa delicata fase della vita i ragazzi hanno bisogno di fiducia, di sapere che gli adulti di riferimento accettano la loro sperimentazione e in questo un genitore può riuscirci nella misura in cui immagina cosa il figlio pensa e come potrebbe reagire o comportarsi alle diverse situazioni che gli si presentano.

Tutto diventa più difficile da gestire quando è un solo genitore a dover far quadrare il tempo, le spese, il cuore, i bilanci vari.

Mille strade d’incontro possono dipanarsi quando, poi, c’è davvero il bisogno di incontrarsi, di rimescolare tutte le emozioni come carte della vita, di una quotidianità, che può anche farsi dura ma mai invivibile per chi vuole crederci.

Solo quando noi adulti riusciamo a meravigliarci, a guardare il mondo degli adolescenti con i loro occhi, ad ascoltarli e ad accoglierli senza farli sentire giudicati, possiamo aprire la comunicazione e creare quel rapporto vivo che offre uno spazio necessario per un sano sviluppo psicologico ed emotivo.

a cura della Dott.ssa Santa Maggio

Riproviamoci ancora

Francesca osservava da tempo il soffitto plumbeo e anonimo della sua cameretta. Angeli e demoni, caduti entrambi dallo stesso Paradiso semivuoto, svolazzavano minacciosamente sul suo capo confuso e ribelle. Troppo ribelle. Troppo incazzato.

Era uno di quei pomeriggi di primavera in cui stentava a studiare. Cominciava a essere stanca di ritrovarsi sempre sola in casa.

Sola con i suoi pensieri stentati, sola con le paure, le incertezze, gli incubi.
Sola con un vuoto dentro sempre più devastante.
Sua madre lavorava tutto il giorno e si vedevano pochissimo.
Da ore la pagina bianca dinanzi a lei restava immacolata, rifiutando di riempirsi di chiacchiere.

“Le chiacchiere abbelliscono il nulla ma non lo riempiono mai”, sbraitava uno dei demoni gaudenti.

“Taci, maledetto demonio! Non vedi quanto è triste?”, cercava di indorare la pillola l’angelo buono.

La fantasia cozzava con la malinconia e si accompagnava al silenzio.

Titolo del tema: “Dialoghi apertamente con i tuoi genitori?”

A quattordici anni era stufa di mentire.

Mio padre, buon’anima, è andato avanti (cioè morto) quattro anni fa. La mamma se ne sta per cavoli suoi… Non dialoghiamo perché non ha mai tempo per me”… avrebbe voluto scrivere.

Perché tanti spazi bianchi si frapponevano fra lei e sua madre rendendo pesante un silenzio già troppo inquietante.

Il sole, che penetrava dalla finestra alle sue spalle, riscaldava piacevolmente il petto rammaricato, ma il buio nel cuore smorzava ogni sorriso.

Testo: Io e mia madre siamo molto unite. Quando torna dal lavoro, si siede accanto a me sul divano rosso in cucina e mentre sgranocchiamo patatine alla cipolla, le nostre preferite, mi domanda come è andata la mia giornata. Ridiamo come pazze quando le racconto le avventure della mia classe, le prime cotte delle mie amiche e anche la mia per Luca, il più figo della scuola. È simpatico e poi mi fa ridere… Ho tanto bisogno di ridere. Sì… ho davvero tanto bisogno di ridere. Sono felice e quando mia madre è vicina mi sento protetta, mi sento amata…………………………………………………………………………………….

P.s…..Così sarebbe, se mia madre avesse tempo per me… Ma… avremo mai tempo?”

Aprì il diario, dalle pagine colorate sbucò all’improvviso la foto di Luca e uno strano rossore le imporporò le guance.

Sua madre non s’era neppure accorta che stava crescendo. Che non era più la bambina da quietare con cioccolatini e giocattoli. Che si stava innamorando e un rimescolio di emozioni le faceva vacillare le gambe.

Era sempre troppo impegnata con le cene dalle sue amiche, troppo presa da se stessa.
Desiderava davvero una figlia quattordici anni prima quando l’aveva concepita?

Il tema era stato concluso senza troppi entusiasmi. Parole inutili, che sapevano di fumo, di solitudine, di rabbia a lungo fagocitata e inespressa, di illusioni gonfie come inconsistenti bolle di sapone.

Chi lo avrebbe mai saputo?

A scuola gli amici la invidiavano:

“Beata te, che hai una mamma così giovane, così frizzante, così allegra. È super, vero? Sembrate sorelle!”
“Che strana la vita!”, pensò Francesca sbadigliando e stiracchiandosi per pigrizia.
Un rumore di chiavi infilate frettolosamente nella toppa, il cigolio della porta ed eccola puntualmente far capolino nella sua camera.

“Franciiii? Sei in casa? Vieni ad abbracciarmi! Ho avuto una pessima giornata!
È bello rientrare sapendo di trovarti, bambina mia!”
“Quante volte, mamma, devo ricordarti che non sono più una bambina?”

Il volto incollerito e la testa ricciuta e scomposta fecero sorridere Claudia.

“Hai cenato?”
“Non ho fame e poi ho tanti compiti da fare e poi non ho tempo da perdere”
“Non ha tempo da perdere, la signorina…” ribadì stizzita Claudia.

Sempre la stessa storia. Non riuscivano più a comunicare. Se n’era accorta da tempo, ma non sapeva che altro tentare per riavvicinarsi a lei. Non era mai stata una brava mamma, è vero, ma Franci era tutto il suo mondo. Forse l’aveva trascurata per il lavoro, ma non aveva alternativa. Quel maledetto lavoro in una fabbrica maleodorante le stava allontanando. Per appena 750 euro netti al mese.

Sospirò e rimase seduta a lungo in silenzio sul letto di sua figlia che, di proposito, non la guardava neppure. Ma sentiva il fiato pesante sul collo e soffriva.

Due mondi vicini eppur lontani che non si incontravano più.

“Che ci fai qui?”, borbottò quasi ringhiando Francesca. “Non hai impegni stasera?”
“No. Non esco. Resto qui con te.”
“Non preoccuparti, mamma, mi sono abituata a star sola. Ci si abitua a tutto prima o poi, non credi?”

Francesca sentiva la rabbia salire alla labbra, incontenibile, come se il silenzio all’improvviso avesse aperto la valvola di sfogo.

“Perché sei dura con me?”
“Perché non dovrei esserlo.. mammina cara?”
“Vuoi sapere cosa è accaduto oggi? La prof di italiano mi ha assegnato un tema da svolgere a casa e ho dovuto mentire… perché non parliamo mai… perché non mi chiedi nulla… Perché non mi conosci…mamma… Mi consideri ancora la tua bambina… Ma non sai ciò che provo… ciò che penso… Sono cresciuta presto… anche grazie alla tua assenza.”

Uno sguardo così cupo e ferito Claudia non l’aveva mai visto. Aveva dinanzi a sé un’estranea. Si vergognava e taceva. Giocherellava nervosamente con le dita e pensava.

“Vuoi leggere il tema? Fa’ pure e, se proprio ci tieni, soffermati soprattutto sull’ultimo rigo che, ovviamente, in bella copia non riporterò mai”

Le porse il foglio macchiato d’inchiostro, accartocciato più volte. Lo aprì tremando, lesse tutto d’un fiato sotto lo sguardo minaccioso di sua figlia e con tanta pena nel cuore giunse al post scriptum. Un nodo in gola le seccò la saliva. I suoi errori scorrevano visibilmente in quelle righe e di colpo li vedeva tutti insieme.

Si fissarono a lungo e si abbracciarono.

Franci era ancora scettica ma aveva bisogno di quell’abbraccio. Come un’ancora nel maremoto che le tranciava il fiato. Come ossigeno puro tra i fumi di sagome poco nitide.

“ … Avremo mai tempo, mamma?”

“Sì… Credo di sì… Se lo vorrai…Se lo vorremo… Perdonami, se puoi” accennò a stento Claudia fra i singhiozzi.

“ Ok… Riproviamoci ancora! Per favore, non deludermi, perché non so se riuscirei a perdonarti ancora. Anche se sei mia madre, se ti voglio più bene di chiunque altro, se riconosco che non hai tutte le colpe, no, non penso che ingoierei un’altra illusione.

Una madre, una buona madre, non nasce tale, ma di certo può diventarlo se lo desidera.”

Aveva detto tutto e la libertà che le riossigenava i polmoni era più dolce di ogni sperata speranza.

(Angela Aniello)