La paura della paura
Un racconto per riflettere sulle paure nei bambini, argomento che spesso mette in difficoltà i genitori e li spinge a trovare strategie per calmarle e ridurle
Il racconto che segue, tenero e realistico, ci aiuta a riflettere sulle paure nei bambini, argomento che spesso mette in difficoltà i genitori e li spinge a trovare strategie per calmarle e ridurle.
A volte la parola “paura” crea di per sé uno stato di agitazione, ma è importante tenere a mente che si tratta di un’emozione e la cosa più importante da fare è accettarla, comprenderla, non negarla solo perché è un emozione spiacevole.
Tutti i bambini vivono la paura con conseguenti reazioni fisiche istintive. Spesso queste reazioni sono utilissime in quanto costituiscono un meccanismo di difesa, che mette in allarme l’organismo quando ci si trova di fronte a qualcosa che si percepisce pericoloso o che non si conosce… e i bambini conoscono ancora poco del mondo che li circonda, per questo si sentono indifesi!
Le paure dei bambini nascono dal loro mondo interno e le insicurezze sono spesso alimentate dalla spiccata fantasia tipica del mondo infantile e dalla convinzione che anche gli oggetti sono animati.
Il mondo dei bambini è talmente ricco e profondo che spesso per gli adulti è difficile entrarci con tranquillità e senza lasciarsi travolgere dalle emozioni negative, allora è utile tenere a mente alcuni concetti:
- occorre accettare che le paure dei bambini sono legittime, non serve forzarli a diventare coraggiosi o minimizzare e deriderli;
- è importante rispettare i loro tempi e ascoltare con attenzione e disponibilità i racconti delle loro paure;
- è utile che i genitori si alleino con i bambini perché in questo modo comunicano la loro disponibilità a lottare insieme contro le loro preoccupazioni e paure facendosene carico e mettendosi nei suoi panni
a cura della Dott.ssa Santa Maggio
La paura della paura
Da un po’ di tempo ero cambiato.
Avevo superato abbondantemente i miei 6 anni, diciamo che ero prossimo a compierne otto, ma mi sentivo stranamente più piccolo.
La realtà si era deformata ai miei occhi. Non era diventata più grossa, no! Più profonda, più nera, più cupa.
Di notte avevo incubi che mi bloccavano il sonno e mi inducevano a pensieri a me sconosciuti. Anche mamma si era accorta che ero diverso.
Luca, poi, con le sue faccine strane e divertenti mi distraeva e per un po’ mi faceva dimenticare.
Ma a sera, precisamente al buio, perdevo ogni certezza recuperata e il mondo mi crollava letteralmente addosso. Anche le parole! O soprattutto le parole.
Sudavo, m’infilavo sotto le coperte completamente fino quasi a non respirare.
Anche col caldo.
-Dov’è? Dov’è Gasparre?-, si divertiva a prendermi in giro mamma quando scomparivo nel letto.
-Non c’è, non c’è!-, le rispondevo con tono quasi tranquillo per nascondermi.
Eppure avevo letto da qualche parte che questi fenomeni potevano accadere prima. A tre anni o quattro. Ma a otto?
Ero curioso e leggevo tutto ciò che mi capitava sotto mano. Mamma comprava molte riviste sui bambini e mi ci ero appassionato.
Una notte sognai un’ombra nera e con occhi di fuoco che mi soffocava. Nera e sempre più grande man mano che si avvicinava.
-Mammaaaa!-, urlai con quanto fiato avessi in gola.
Accorse rapidamente spaventata.
-Mamma, c’è un drago nella stanza e vuole portarmi via. E’ altissimo, coperto di squame verdi, ha due denti grandi e affilati e dalle sue fauci esce una fiamma enorme. Ho paura… Ho paura.. Vuole mangiarmi, lo so-
Mamma mi accarezzava mentre raccontavo terrorizzato.
-Non andare via, non lasciarmi solo!-
Si infilò nel mio letto e lentamente mi riaddormentai.
Quella visione era ancora nitida davanti ai miei occhi anche il mattino dopo.
Sorseggiai il latte controvoglia. Non mi piaceva quella sensazione di paura.
-Mamma, non voglio più fare sogni brutti! Quel drago era così vero e mi sembrava di soffocare dinanzi alla sua grande fiamma.
– Gasparre, può succedere che i sogni a volte non ci piacciano. Anch’io, a volte, ne sono turbata e ho paura come te ma so che non sono veri e pian piano mi tranquillizzo. Devi respirare e ripeterti che non devi aver paura-
-Ma io non ce la faccio. mi sento talmente solo in quei momenti che perdo il controllo e tremo.
-Raccontami ancora di quel drago antipatico. Che combinava?
– In realtà, niente di particolare. Mi fissava con i suoi occhi terribili. Avevano una luce rossa, cattiva e poi era armato, mamma.
-Armato?
– Sì, roteava due bastoni anch’essi infuocati prima di scagliarli contro di me. Allora ho urlato con quanto fiato avessi in gola e sei arrivata tu.
-Per fortuna, Luca dormiva come un ghiro e non ha sentito nulla. Altrimenti avresti spaventato anche lui.
-Sei sicuro che quel drago ti avrebbe assalito?-
– No, però mi ha terrorizzato!-
-Adesso, sai che quell’antipatico non esiste, vero?
– Sì, mamma. Ma non ho ancora capito come combattere la mia paura. Basta che scende il buio e cominciano i guai per me.
-Che pensi del buio?
-E’ un grande imbroglione il buio! Somiglia a un paese sconosciuto pieno di trappole…-
-E di mostri, vero?-
-Ehm… sì, non volevo dirlo.-
-Guarda che non ti devi vergognare! E’ normale provare queste sensazioni alla tua età. Il buio non cambia la natura degli oggetti. Un tavolo resta un tavolo, uno spigolo non diventa una finestra per i mostri e i mostri non entrano in casa. Anzi, non esistono affatto!-
-Allora perché mi sento inquieto?-
– Perché la paura ti porta via le sicurezze e sei più fragile. Temi che da un momento all’altro qualcuno arrivi da qualche parte e possa farti del male.-
-Verissimo! E’ esattamente così che mi sento!-
-Bevi il latte che si è raffreddato nel frattempo. Poi, ne riparliamo. D’accordo?-
-Quant’è preziosa la mamma!-, mormorai con animo più sereno.
Luca si precipitò in cucina col suo allegro sorriso che riempiva tutta la stanza. E pensare che all’inizio per la mia assurda gelosia non lo volevo! Adesso non avrei saputo farne a meno. Mi bastava giocare un po’ con lui per dimenticare tutto. Aveva due anni e provava a ripetere ogni parola che pronunciavo per prendermi in giro.
Gli piaceva sentirmi canticchiare o leggere filastrocche, la sua passione!
-Che ne dite di giocare agli esploratori stasera?- domandò mamma facendomi l’occhiolino.
-Setacceremo la cameretta al buio, con l’aiuto di una torcia esplorando ogni angolo e, se troveremo un mostro, gli faremo la pelle a quel birbante.-
-Ne inventi sempre una, mamma!- risposi felice.
-Io, io esplorare- disse Luca muovendo il pollice contro il petto, nel caso non l’avessimo capito che voleva essere dei nostri.
La giornata trascorse tranquilla. All’imbrunire cominciai ad avvertire un peso in mezzo al petto, quasi vicino al cuore.
Impallidii e mamma si preoccupò.
-Gasparre, cos’hai?-
-Non mi sento bene.-
Luca mi osservava e sicuramente non capiva nulla ma rimase fermo a spiarmi.
-Va’ a prendere la torcia dal cassetto della cucina. Poi spegneremo le luci e diventeremo agenti speciali in cerca del cattivo.
-No! Buio! Bua io!- rispose Luca piagnucolando ricordandosi che settimane prima di sera per farmi uno scherzo aveva spento la luce ed era inciampato in un giocattolino facendosi male al ginocchio.
-Tranquillo, Luca, ci sarò io!
Accesi d’istinto la torcia. La sua luce sembrava dilatare gli oggetti: i quadri appesi nel corridoio, gli spigoli dei mobili. Ci dirigemmo subito nella cameretta. Papà sarebbe rientrato più tardi e avevamo ancora tanto tempo per giocare.
Gocce di sudore rotearono sulle guance come lacrime, anche se non lo erano. Sentivo il fiato sul collo di mamma che mi seguiva e quello irregolare e stupito di Luca a cui mamma aveva preso la manina.
-Osserva- mi disse –e descrivimi cosa vedi e cosa senti.-
-Tutto è diverso!-
-Tocca, non aver timore! Segui il profilo dei lettini, esplora l’armadio, il soffitto, il pavimento, la tenda-
-Non ci sono mostri, mamma! Non c’è neppure il drago, ma può tornare stanotte..-
-E’ solo un sogno. Tu caccialo e vedrai che scompare-
-Ti voglio con me stanotte-
– No, Gasparre! Io veglio sempre ma tu devi essere più forte della paura. Hai visto? Non c’è nulla, non c’è nessuno qui che possa farti del male. Me lo prometti che ci provi a combattere?-
– Sì, sì, voglio provarci. Ma… se grido, tu vieni?-
-Certo! Non urlerai, lo so. Sei un agente speciale davvero forte!-
Luca si era addormentato. Da solo si era infilato nel suo lettino.
-E’ coraggioso, lui!- e sorrisi.
-Anche tu!- e ci abbracciammo.
Spegnemmo la torcia e la luce restituì normalità ad ogni cosa. Sentivo che non era facile, ma tentare che mi costava?
Cenammo e papà mi diede un bacio sulla guancia. Era un rituale fra noi quel bacio. Era il suo modo di dirmi che mi voleva bene, un gran bene.
Avevo sonno e mi stavo trattenendo un po’ per ingannare il tempo.
-Va’ a dormire, ometto! Tra un po’ cascherai dal sonno!-
Mamma mi accompagnò e mi rimboccò le coperte.
-Ricorda, campione, combatti!-
Annuii senza tanta convinzione.
Quella notte sognai ancora. Non era solo il drago a venirmi incontro. Mostri di tutti i tipi volevano attaccarmi. Ma stavolta ero armato e non avevo affatto paura.
Scivolai nel sonno sereno per aver resistito.
Quando aprii gli occhi, incontrai subito quelli di mamma che mi osservava.
-Ho combattuto!-
-Lo so e hai vinto tu!-
-Sì, sono felice!_
-Anch’io!-
-Pue io-
Le carezze e le feste di Luca mi fecero sentire fortunato e fiero di me. Finalmente!
(Angela Aniello)